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IL NATALE

Studio biblico

IL NATALE

Per i primitivi credenti i compleanni erano un’usanza pagana. Era impensabile celebrare il proprio

compleanno, e ancor meno quello di Cristo. Per questo i primi cristiani rifiutarono di riservare un giorno per

la natività di Gesù. Questa convinzione nasceva dal fatto che la festa del compleanno era comune in molte

culture preistoriche. Si celebravano riti idolatrici in onore delle divinità tutelari di ciascun giorno di nascita e

si celebrava anche il genetliaco di dei mitici come Apollo e Saturno. Lo storico del terzo secolo Origene riferì

che si dava anche una certa importanza che gli unici due compleanni citati nella Bibbia erano di

Faraone (Genesi 4:20) ed Erode (Marco 6:21).

L’ORIGINE E LA DATA

L’imperatore Aureliano (270-275 d.C.) diede molta importanza al culto del sole e, nel 274, dichiarò il

25 Dicembre Natale del Sole Invitto.

Nei successivi anni la rigida mentalità della chiesa cominciò a cambiare e a subire l’influenza del

mondo. Il culto di Mitra, del dio Sole, ed anche della licenziosa festa dei Saturnali che si celebrava

nell’ultima parte di dicembre penetrò nel mondo cristiano. Probabilmente influì anche il simbolismo

naturale: festeggiare, cioè, nei giorni in cui la luce comincia a ricrescere, dopo il solstizio d’inverno, la

natività di Gesù Cristo sole di giustizia e di verità (Malachia 4:2).

Nel 354 d.C. il vescovo di Roma proclamò il 25 dicembre anniversario della nascita di Cristo. Siberio

ordinò ai fedeli di celebrare questo giorno per ricordare la natività di Gesù. Va subito chiarito, in ogni modo,

che il Signore non può essere nato in questa data. Alla nascita di Gesù “V’erano dei pastori che stavano

nei campi e facevano di notte la guardia al loro gregge” (Luca 2:8). In quella regione della Palestina, in

quel periodo, la temperatura media notturna è di sette gradi centigradi. Spesso si produce una fredda

pioggia e quei pastori non sarebbero stati all’aperto con i greggi. L’usanza era di metterli al riparo di luoghi

chiusi. E’ anche importante ricordare che i genitori di Gesù erano andati a Betlemme perché l’imperatore

Cesare Augusto aveva deciso un censimento di tutto l’impero romano. La data di Dicembre non sarebbe

stata felice per incoraggiare i sudditi romani, spesso ribelli, a obbedire. Invece leggiamo “E tutti andavano

a farsi registrare, ciascuno nella propria città. Or anche Giuseppe salì di Galilea, dalla città di

Nazareth, in Giudea, alla città di Davide, a farsi registrare con Maria sua sposa, che era incinta. E

avvenne che, mentre erano quivi, si compì per lei il tempo del parto, ed ella diè alla luce il suo

figliuolo primogenito, e lo fasciò e lo pose a giacere in una mangiatoia, perché non v’era posto per

loro nell’albergo” (Luca 2:3-7). Per inciso va notato che quando i magi vennero ad adorarlo non lo

trovarono in questa stalla ma in un’abitazione, come riferisce l’evangelista Matteo: “Ed entrati nella casa,

videro il fanciullino con Maria” (Matt. 2:11).

C’è poi il dato di fatto che Gesù aveva circa trent’anni quando cominciò il Suo ministero

terreno: “Quando cominciò anch’egli ad insegnare, aveva circa trent’anni” (Luca 3:23). Quando morì

verso i primi d’Aprile, il giorno di Pasqua, aveva trentatré anni e mezzo: “Voi sapete che fra due giorni è

la Pasqua, e il Figliuol dell’uomo sarà consegnato per esser crocifisso” (Matteo 26:2).

Evidentemente non era nato in dicembre! In ogni caso bastano le considerazioni già fatte per

concludere che il Natale nel suo significato corrente non sia per niente cristiano. Eccole riassunte: i primitivi

cristiani non festeggiavano i compleanni, tantomeno quello di Gesù Cristo. La data del 25 dicembre fu

stabilita perchè già celebrata come giorno di festività pagana e per il significato simbolico. Un obiettivo

esame dei testi biblici rivela che quella non può essere il giorno della nascita del Signore.

IL VERO SIGNIFICATO

In realtà è difficile scorgere nella maggioranza delle persone che festeggiano il Natale un

atteggiamento di devozione a Dio per ringraziarLo di aver mandato il Suo Figlio a incarnarsi.

Invece il vero Natale è per il credente il giorno in cui Gesù nacque nel suo cuore, quello della salvezza.

Grazie a Dio non è il caso di ricordarsene una volta l’anno e, soprattutto, gozzovigliando e ubriacandosi.

Secondo la Parola di Dio, il vero significato del Natale è in relazione alla pace.

Nell’evangelo della natività c’è l’eco della speranza della pace; nei tre canti pronunciati per

l’occasione è evidente. Così in quello del padre del Battista, Zaccaria: “Per risplendere su quelli che

giacciono in tenebre ed ombra di morte, per guidare i nostri passi verso la via della pace” (Lu. 1:79).

Lo stesso in quello degli angeli: “Gloria a Dio nei luoghi altissimi, pace in terra(Lu. 2:13,14), fra gli uomini

che Egli gradisce”. Identico in quello dell’anziano Simeone: “Ora o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo

servo, secondo la tua Parola” (Lu. 2:29).

Il profeta Isaia profetizzò del natale di Gesù: ”Poiché un fanciullo ci è nato, un figliuolo ci è stato dato,

e l’imperio riposerà sulle sue spalle, sarà chiamato Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno,

Principe della pace per dare un incremento all’impero e una pace senza fine al trono di Davide”. E’ evidente

che “Egli è la nostra pace” (Is. 9:5).

Perciò il natale del Signor Gesù è il dono della pace all’uomo. Teologicamente, infatti, la pace è un

dono di Dio: “L’Eterno volga verso te il suo volto, e ti dia la pace”. Una Sua benedizione: “L’Eterno darà

forza al suo popolo; l’Eterno benedirà il suo popolo dandogli la pace”. E’ sinonimo di riconciliazione perché

è legata al patto di Dio con i Suoi: “Quand’anche i monti si allontanassero e i colli fossero rimossi, l’amor

mio non si allontanerà da te, né il mio patto di pace sarà rimosso”.

Tuttavia la pace, che è inscindibile da ogni vero ricordo del natale di Gesù, non è solo DI DIO e CON

DIO, ma anche TRA uomini e CON uomini.

In questo senso la pace è sinonimo di riposo e tranquillità, in opposizione allo stato di guerra tra gli

uomini e va “fatta”: “Beati quelli che si adoperano per la pace, perché essi saranno chiamati figliuoli

di pace” (Matteo 5:9).

La pace va “coltivata”: “Abbiate del sale in voi stessi e state in pace gli uni con gli altri” – gli

orientali se lo scambiano in segno di pace-.

La pace va “ricercata”: “Rallegratevi, procacciate la perfezione, siate consolati, abbiate un

medesimo sentimento, vivete in pace; e l’Iddio dell’amore e della pace sia con voi”.

In conclusione, l’importante è ricordare “sempre” il natale di Gesù per verificare se la pace, dono e

benedizione divina, stato di riposo e tranquillità, è conservata e alimentata. Dio vuole donarla a ogni uomo:

“Pace in terra fra gli uomini che Egli gradisce!”; a ogni famiglia; a ogni comunità: “Vivete in pace”; a ogni

nazione: “Il frutto della giustizia sarà la pace, e l’effetto della giustizia, tranquillità e sicurezza per sempre”.

Con questa pace il ricordo del natale del Signore sarà vivo, reale, sempre presente per restare il punto

fermo di riferimento di tutti i tempi, culminante di ogni amore, di partenza di ogni salvezza, centrale di ogni

adorazione.

“Ed entrati nella casa, videro il fanciullino con Maria sua madre; e prostratisi, lo adorarono;

ed aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra” (Matteo 2:11).

Davide Di Iorio

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