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IL SIGNIFICATO DELLA PASQUA

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Il Natale e la Pasqua, indubbiamente le feste più sentite nel nostro paese, ricordano
che Gesù è nato (il Natale) e che poi è morto ed è risorto (la Pasqua). Siamo nati in un
mondo pieno di tradizioni, usanze e consuetudini e siamo cresciuti accettandole senza
chiederci da dove vengano. L’assenza della celebrazione della festa liturgica della Pasqua
è una peculiarità delle nostre chiese evangeliche per alcune ragioni bibliche, storiche e
culturali che ci accingiamo ad analizzare.
Ragioni bibliche
“La Pasqua era la festa massima dei Giudei, la quale era intesa a tipizzare il sacrificio
di Cristo, Agnello di Dio, ucciso per i peccati del mondo. Fu ordinata
da Dio in origine, a commemorare il passaggio dell’angelo che uccise i
primogeniti d’Egitto passando oltre alle famiglie d’Israele che rimasero
immuni, ed altresì la partenza del popolo dalla terra di servitù”

Nel Nuovo Testamento l’apostolo Paolo, ispirato dallo Spirito
Santo, scrive: “La nostra Pasqua, cioè Cristo, stata immolata”

(I° Cor.5:7), collegando così l’agnello pasquale, offerto per la redenzione
d’Israele, a Gesù “l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”.
Ragioni storiche
Alla luce della storia del Cristianesimo appare evidente che con l’affievolirsi dello spirito
missionario ed evangelistico, alcune tendenze paganeggianti concorsero alla formazione
di rituali, i quali sviluppandosi nel tempo, si codificarono poi in sistema liturgico. Infatti,
soltanto nel concilio di Nicea (325 d. C.), ci riuscì a concordare che la Pasqua fosse
celebrata la domenica successiva al primo plenilunio che avviene dopo l’equinozio di
primavera, per questo la data oscilla tra il 22 marzo e il 25 aprile.
Ragioni culturali
Molti riti pasquali sono estranei al ricordo della vera Pasqua. Ad esempio, alcune delle
tradizioni popolari della Quaresima e della Pasqua risalgono ad antichi riti propiziatori
primaverili atti a spaventare i demoni dell’inverno per farli fuggire. Col tempo, la gioia
per il sorgere del sole e per il risveglio della natura primaverile, è stata accostata alla gioia
relativa alla resurrezione di Cristo, “sole di giustizia”. La primavera era sacra per gli
adoratori che abitavano in Fenicia. La loro dea della fertilità, Astarte o Ishtart (Afrodite
per i Greci), aveva come simboli l’uovo e la lepre.
Da qui l’usanza di considerare le uova immagine di fertilità e di vita. I Persiani ad
esempio, regalavano le uova durante l’equinozio di primavera; gli Egiziani, i Greci e i
Romani le coloravano e le mangiavano nelle festività del periodo primaverile. Persino studiosi esponenti della religione ufficiale lo confermano:
“Un gran numero d’usanze pagane per celebrare il ritorno
della primavera gravitano sulla Pasqua. L’uovo è il
simbolo della vita che germina all’inizio della primavera…
Il coniglio è un simbolo pagano ed è sempre stato
simbolo di fertilità” (The Catholic Enciclopedia, 1913, vol. V,
pag. 227).
La Pasqua ebraica e la Cena del Signore
“Il termine italiano «Pasqua» è la traslitterazione dell’antica parola ebraica «pèsach» che
significa letteralmente «passare oltre» in ricordo della notte in cui Yahweh «passò oltre»,
ovvero, oltrepassò le casa degli Israeliti in Egitto contrassegnate dal sangue dell’agnello
sacrificato, risparmiando i figli maschi”. Secondo il libro del Levitico 23:5 la Pasqua ebraica

corrispondeva al giorno in cui

aveva inizio l’anno liturgico: “Il primo mese, il quattordicesimo giorno, sull’imbrunire,

sarà la Pasqua del Signore”. L’anno solare seguiva invece il suo corso ordinario. Con
l’istituzione dell’anno liturgico, il Signore insegnò al Suo popolo che doveva cominciare
un’era nuova con Lui.
Si doveva uccidere l’agnello, spruzzare col sangue
gli stipiti delle porte e consumare il pasto con un
atteggiamento da pellegrini. Si rammemorava così
la prodigiosa liberazione della notte dell’esodo
egiziano. “La Pasqua doveva celebrarsi la sera del
quattordicesimo giorno del primo mese (Nisan) ed
il quindicesimo giorno cominciava la festa dei sette
giorni dei pani azzimi. Il termine Pasqua non può
applicarsi propriamente che al pasto in cui si
mangiava l’agnello; seguiva poi la settimana dei
pani azzimi, che terminava la sera del ventunesimo giorno. Quest’ordine è riconosciuto
in Giosuè 5:10,11. Ma nella storia sacra la parola Pasqua si applica talvolta all’intero
periodo (Luca 2:41; Giov. 2:13, 23; Giov. 6:4: Giov. 11:55).
Riguardo all’ora della celebrazione della Pasqua, essa espressamente fissata «fra i due
vespri» (Es. 12:6; Lev. 23:5; Num. 9:3, 5), o, come detto altrove, «la sera al tramontar del sole»
(Deut. 16:6). Questa ora corrisponderebbe al principio del quindicesimo giorno di Nisan,
cioè al momento in cui il 14 termina e il 15 principia”.. In epoca tardiva, l’atteggiamento di pellegrino non fu più conservato.
Gli agnelli erano uccisi di pomeriggio nel cortile del tempio, il sangue raccolto dai
sacerdoti in vasi era versato vicino all’altare e il grasso bruciato sull’altare stesso.
Assieme all’agnello veniva consumato anche del pane azzimo

e delle erbe amare (Deut.16:1-8).

Nel suo significato tipologico l’agnello pasquale offerto dagli Ebrei fu applicato a
Gesù anche dall’apostolo Paolo: “La nostra pasqua, cioè Cristo, è stata immolata”.
Niente lascia intendere che bisogna celebrare la Pasqua o che lo facesse anche la chiesa
dell’era apostolica. In realtà il giorno della resurrezione fu “nella notte del sabato, quando
già albeggiava, il primo giorno della settimana” (Matt. 28:1). La Cena perciò era celebrata
in tale giorno. A Troas i credenti, nel primo giorno della settimana erano radunati per
rompere il pane (Atti 20:9), non per celebrare la Pasqua. Gesù aveva, infatti, detto ai Suoi
di ricordare in questo modo la Sua morte e la Sua resurrezione. Si discute se il pasto nel
quale Gesù istituì la Cena nel Signore fu proprio quello pasquale. Gli evangelisti Matteo
e Marco lo affermano nei seguenti versi: Matt. 26:18ss., Marco 14:12ss. Certamente l’ultima
Cena fu piena di risonanza e significati della Pasqua ebraica. Ma le analogie tra la Pasqua
ebraica e la celebrazione della Cena come fu istituita dal Signore non vanno ricercate nel
rituale, piuttosto nei loro tre elementi comuni.
Il concetto di liberazione
Quando Dio stabilì la celebrazione della Pasqua disse: “Quando io vedrò il sangue
passerò, e non vi sarà piaga su voi per distruggervi, quando percoterò il paese d’Egitto”.
(Es. 12:13). Nella Cena: “Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo ruppe
e lo diede ai suoi discepoli dicendo: «Prendete, mangiate, questo è il mio corpo». Poi
prese un calice e rese grazie, lo diede loro, dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il
mio sangue, il sangue del patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati»”.
(Matt. 26:26-28). Dio ha stabilito e scelto di preservare la speciale relazione tra Sé e il Suo
popolo con il Patto, con la Sua parola di promessa e con il sangue sparso. Il NuovoPatto adempie l’antico, perché il Nuovo Testamento completa la Parola di Dio agli
uomini. La liberazione ad opera di Cristo è completa. Le istituzioni dell’Antico Patto non
avevano la forza di liberare veramente gli uomini dal peccato e quindi di consentire loro
l’accesso alla presenza di Dio.
Il valore del sacrificio
Nella Pasqua ebraica: “Il vostro agnello sia senza difetto,
maschio,dell’anno; … Lo serberete fino al quattordicesimo
giorno di questo mese, e tutta la comunità d’Israele, riunita, lo
sacrificherà al tramonto”. (Es. 12:5, 6). Nella Cena del Signore:
“Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo
ruppe e lo diede ai Suoi discepoli dicendo: «Prendete,
mangiate, questo è il mio corpo». Poi, preso un calice e rese
grazie, lo diede loro dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue, il sangue del
patto, il quale è sparso per molti per il perdono dei peccati»”.

(Matt. 26:26-28).

L’epistola agli Ebrei spiega che Cristo fu allo stesso tempo sacrificio e sacrificatore, offerta ed
offerente. Gli antichi sacrifici, però, dovevano essere ripetuti perché erano solo l’ombra
(Ebrei 10:1-4) di quello perfetto e completo di Cristo (Ebrei 9:11-14), l’unico con valore
espiatorio (Ebrei 9:12-14), perciò irripetibile.
Il carattere di memoriale
Nella Pasqua ebraica: “Quel giorno sarà per voi un giorno di commemorazione”. Nella
Cena del Signore: “… fate questo in memoria di me”. Al tempo di Gesù, il pasto pasquale aveva una liturgia diversa (Luca 22:17-20). “La festa cominciava con una
benedizione e la preghiera, con il mandare attorno alla mensa un calice di vino mescolato
con acqua, e un piatto d’erba e salsa dopo che il padre della famiglia l’aveva benedetto. A
ciò faceva seguito la recitazione della storia dell’istituzione divina della Pasqua, il canto
del Salmo 113 e la benedizione del secondo calice.

L’agnello, arrostito intero, e le altre pietanze erano
imbanditi e mangiati, dopo che il calice era stato
mandato attorno una seconda volta. Ognuno
riceveva la sua parte dell’agnello, dell’erbe amare e
dei pani azzimi, e si aveva gran cura che nessun
osso fosse rotto. Quel che restava della carne era
subito bruciato. Dopo il pasto veniva un terzo
calice. Infine, erano cantati i Salmi dal 114 al 118 e si
passava il quarto calice e forse un quinto calice”.

Gesù usò probabilmente il primo o il secondo dei
quattro calici di vino, quando affermò che era l’ultima volta che ne bevevo, prima della
venuta del Suo regno. Seguì il ringraziamento per il pane e la spiegazione del suo nuovo
significato. Ordinò quindi di ripetere quella celebrazione in Sua memoria Prese il terzo
calice e spiegò che rappresentava il Suo sangue con cui stava stabilendo il Nuovo Patto.
Conclusione
La celebrazione della Pasqua quindi a poco a che fare con il ricordo della morte e
resurrezione di Gesù. Spesso la cristianità in generale unisce usi pagani con insegnamenti
cristiani. Non è valido qui il principio di usare il sacro per santificare quello che non lo è
(Agg. 2:12). La Pasqua non è una festività cristiana, né una ricorrenza o una liturgia, anzi,
alla luce del Nuovo Testamento la Pasqua è la Persona stessa di Cristo Gesù (I° Cor. 5:7,8).

Ogni giorno è continuamente Pasqua, se abbiamo realizzato Gesù nei nostri cuori e
seguiamo i Suoi insegnamenti.
da: Cristiani Oggi

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