TOP

A CHI DARE ASCOLTO ?

A chi diamo ascolto?

«Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano. Essi vi fanno diventare spregevoli; vi espongono le visioni del loro cuore e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno. Dicono del continuo a quelli che mi disprezzano: ,L’Eterno ha detto: Avrete pace’ e a tutti quelli che camminano nella caparbietà del proprio cuore: ,Nessun male verrà su di voi’. Ma chi ha assistito al consiglio dell’Eterno? Chi ha visto, chi ha udito la sua parola? Chi ha prestato attenzione alla sua parola e l’ha udita? Ecco, la tempesta dell’Eterno si scatena furiosamente, una tempesta spaventevole si abbatterà sul capo degli empi. L’ira dell’Eterno non si acqueterà finché non abbia eseguito e compiuto i disegni del suo cuore; negli ultimi giorni lo capirete perfettamente.

Io non ho mandato quei profeti; ma essi sono corsi; non ho parlato loro ma essi hanno profetizzato. Ma se avessero assistito al mio consiglio, allora avrebbero fatto udire le mie parole al mio popolo, e cosí li avrebbero fatti allontanare dalla loro cattiva via e dalla malvagità delle loro azioni. Son io soltanto un DIO da vicino, dice l’Eterno, e non anche un DIO da lontano? Potrebbe uno nascondersi nei nascondigli senza che io lo veda?, dice l’Eterno. Non riempio io il cielo e la terra?, dice l’Eterno.

Ho udito ciò che dicono i profeti che profetizzano menzogne nel mio nome, dicendo: ,Ho avuto un sogno, ho avuto un sogno!’. Fino a quando durerà questo nel cuore di questi profeti che profetizzano menzogne e profetizzano l’inganno del loro cuore? Essi pensano di far dimenticare il mio nome al mio popolo con i loro sogni che si raccontano l’un l’altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal. Il profeta che ha avuto un sogno racconti il sogno, ma chi ha la mia parola riferisca la mia parola fedelmente. Che ha da fare la paglia col frumento?, dice l’Eterno. La mia parola non è come il fuoco?, dice l’Eterno, e come un martello che spezza il sasso?» (Geremia 23: 16 a 29)

L’uomo che doveva trasmettere un messaggio del genere certamente non avrebbe avuto la vita facile. In più si trattava di un giovane sensibile al quale era stato affidato un compito difficilissimo. All’inizio era restio nell’accettare questo compito pesante ed è vero che diverse volte nel compierlo quasi gli si spezzò il cuore. Nel corso del suo ministero attirò l’odio e il rifiuto di molti mettendo addirittura in pericolo la propria vita. La sua professione gli portò la solitudine e la sofferenza. Credo che nessuno risponderebbe ad un’offerta di lavoro con una tale descrizione!

La persona di cui abbiamo parlato si chiamava Geremia ed il suo datore di lavoro era Dio. La sua professione era quella del profeta in Giudea alla fine del settimo secolo avanti Cristo.

I profeti dell’antico Israele avevano il compito di proclamare la Parola di Dio al popolo e così pure Geremia. Quando Dio lo chiamò, gli toccò la bocca e disse: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca…»

Quest’autorizzazione è importantissima per Geremia perché il contenuto dei suoi messaggi era tutt’altro che piacevole per gli ascoltatori.

Gli abitanti della Giudea avevano abbandonato il loro Dio e si erano rivolti agli idoli. Per questa ragione Dio avrebbe mandato forze nemiche anche contro Gerusalemme affinché l’assediassero, come l’aveva già compiuto nei confronti del regno israelita del Nord che ormai da cent’anni era territorio conquistato e soggiogato.

Era dunque il compito di Geremia annunciare il giudizio divino imminente, è ciò esigeva tutte le sue forze. Visto che non tentava in alcun modo di mitigare la Parola di Dio, subì il disprezzo dei rei, ministri, sacerdoti e dei suoi colleghi profeti. Con gran sacrificio e fedeltà adempì la sua missione nonostante gli costasse molto accettare la volontà di Dio per la sua vita.

Il popolo tuttavia non lo ascoltò e si rifiutò di accettare Geremia quale portavoce di Dio. Il suo messaggio sembrava troppo duro ed era quindi inaccettabile per loro. La questione però è: a chi dava ascolto il popolo di Dio?

Gli israeliti avevano in fondo soltanto due possibilità: o ascoltavano i veri profeti o quelli falsi, vale a dire coloro che si erano autodichiarati tali.

Purtroppo Geremia dovette affrontare la delusione che la sua “chiesa” continuasse a svuotarsi. Non c’era più nessuno che si voleva ascoltare le prediche sul giudizio perché si preferiva prestare orecchio ai predicatori che portavano messaggi gradevoli.

Dio a Sua volta non si rassegnò, ma incaricò Geremia di mettere in guardia il popolo nei riguardi ai profeti falsi. Ricordiamo i primi due versi (16 a 17) del passo biblico che stiamo considerando: «Cosí dice l’Eterno degli eserciti: “Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano. Essi vi fanno diventare spregevoli; vi espongono le visioni del loro cuore e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno. Dicono del continuo a quelli che mi disprezzano: ,L’Eterno ha detto: Avrete pace’ e a tutti quelli che camminano nella caparbietà del proprio cuore: ,Nessun male verrà su di voi’.»

Qual è la radice del problema riguardo ai falsi profeti?

Cos’è «falso» nei profeti falsi? Forse assomigliavano ai veri profeti perché certamente utilizzavano lo stesso linguaggio religioso, per esempio, «così dice il Signore» o «Shalom» (vedi Geremia 23: 17).

Parlavano un linguaggio religioso, ma non la Parola di Dio.

Erano spigliati nell’affermare che avevano ricevuto «una Parola di Dio», come abbiamo già constatato, utilizzando l’espressione «così dice il Signore» con sfacciata disinvoltura.

In più, si vantavano dei propri sogni che secondo loro erano colmi di significati importanti raccontandoli a tutti e pretendendo che Dio avesse parlato per mezzo loro.

Dio nondimeno li vide in tutt’altra luce e dichiarò che essi ingannavano il popolo con i loro discorsi vani. Seppure il messaggio sembrasse spirituale, non proveniva da Dio, ma nasceva dal cuore del falso profeta.

Predicavano ciò che corrispondeva ai loro desideri.

Peggio ancora: proclamavano ciò che il popolo voleva sentire (vedi Michea 2: 11 e 3: 9 a 11).

Assicuravano agli israeliti che avevano girato le spalle a Dio che il «Shalom», in altre parole la pace universale di Dio, fosse con loro (vedi Geremia 6: 14 e 23: 17 e 27: 9) e che dunque nessuna disgrazia avrebbe colpito chi aveva ormai un cuore insensibile per la voce divina.

Predicavano quindi il contrario di ciò che Geremia aveva annunciato. Parlavano della pace, quando non c’era pace. Cullavano il popolo nella falsa speranza che nulla di grave sarebbe capitato.

Palesemente il loro messaggio era privo dell’autorità divina perché questi «profeti» non intrattenevano alcun rapporto con Dio.

Non c’era alcun rapporto con Dio.

Dio stesso dichiarò che i falsi profeti non facevano parte «del consiglio del Signore», che non avevano affatto ubbidito alla Sua parola, che non avevano ricevuto la Sua chiamata e dunque non conoscevano la Sua voce. Del resto gli israeliti potevano giudicare loro stessi se il messaggio profetico era vero o falso. La prova del vero profeta consisteva nel fatto che i suoi messaggi combaciavano con quelli degli altri veri profeti ed in particolare con la legge di Mosé (vedi Deuteronomio 18:22: «Quando il profeta parla in nome dell’Eterno e la cosa non succede… » Quest’ultima espressione può essere tradotta anche «la cosa non è» rispettivamente «non esiste». Ciò significa che non è valida in confronto ai messaggi dei veri profeti!) I falsi profeti ovviamente non si attenevano a questi criteri, altrimenti avrebbero predicato al popolo affinché si rendesse conto del suo stato immorale per pentirsi e convertirsi.

Come se non bastasse che propagavano dottrine false, vivevano nel peccato e lo approvavano nella vita degli altri.

Vivevano nel peccato e lo approvavano.

Il verso 11, nonché i versi 13 a 14, ne sono la conferma. I falsi profeti erano adulteri ed impostori, e ciò senza sentirsi colpevoli, anzi incoraggiavano altri nella loro iniquità (vedi Isaia 28: 7 e segg.; Michea 3: 5; Geremia 29: 21 a 23).

Tutto ciò, insieme ai messaggi falsi ed il loro brutto esempio, doveva per forza contribuire alla decadenza del popolo che fece cadere nell’oblio «il nome del Signore» (verso 27 e vedi Deuteronomio 13: 1 a 4).

Fecero dimenticare Dio.

Non si riconosceva più la necessità di pentirsi e di ritornare a Dio (verso 14). Non c’è da meravigliarsi, dopotutto non sentivano altro che: «Il tuo modo di vivere va benissimo!»

Il punto di vista divino invece è molto diverso, come possiamo dedurre dal nostro passo. Non più per molto osserverà il comportamento dei falsi profeti che seducono il popolo e lo mandano in rovina. Li giudicherà (versi 19 e 20). È da notare che non c’erano falsi profeti soltanto nell’Antico Testamento. Anche nel Nuovo Testamento scopriamo molti passi nelle epistole dove gli autori mettono in guardia contro i «falsi dottori». Il soggetto lo trattano in termini simili a quelli utilizzati nell’Antico Testamento. In Colossesi 2: 23 c’è scritto che i falsi dottori hanno la «sembianza di sapienza» perché danno l’impressione di essere religiosi e umili. Anche loro pretendono di essere spirituali, ma sono lupi travestiti da pecore che propagano concetti falsi e disprezzano Dio vivendo nel peccato e trascinando altri con loro.

Non ascoltare menzogne gradevoli!

Così come il popolo d’Israele si fece ingannare dalle menzogne dei falsi profeti, anche noi cristiani del 21° secolo dobbiamo affrontare menzogne gradevoli che possono ingannarci.

Forse una delle bugie alle quali gli abitanti della Giudea avevano dato ascolto era:

* Non è poi così grave, se pecco!

Sono quasi certo che nessuno tra noi desideroso di seguire Gesù con tutto il cuore direbbe una cosa del genere. Ma in realtà come ci comportiamo? Non pensiamo ogni tanto:

«Visto che Gesù si è addossato il giudizio di Dio per la nostra colpa, non è poi così grave se pecchiamo!» Questa menzogna è particolarmente pericolosa perché contiene un granello di verità. È vero che noi, quali figli di Dio, non saremo più condannati eternamente a causa dei nostri peccati. Il castigo che ci eravamo meritato è ricaduto su Gesù. Per questa ragione si potrebbe in un certo senso veramente dire: «Non è poi così grave…!»

In questo modo tuttavia la grazia di Dio è disprezzata e considerata di poco valore. È vero che senz’altro possiamo accettare il dono del perdono e che dobbiamo accettarlo sempre di nuovo. Ciò però dovrebbe spingerci a vivere una vita coerente da seguaci di Gesù per gratitudine ed evitando il peccato. Simile alla nazione d’Israele d’allora dovremmo rappresentare quale popolo di Dio la Sua santità in terra. Certo che è in gioco qualcosa di molto importante, perché non possiamo aspettarci che Dio compia cose grandiose per mezzo nostro, se ci lasciamo ingannare da questa menzogna – ammettendo che si tratti di una falsità seducente.

Un’altro inganno piacevole è:

* Dio esaudisce tutti i miei desideri.

Un predicatore disse una volta: «Spesso ci serviamo di Gesù come se fosse un farmacista che adempie tutte le nostre esigenze sia quelle pie sia quelle meno pie. Se ho un dolorino vado da Gesù che mi guarisce».

Questa citazione descrive precisamente l’atteggiamento dei profeti falsi e del popolo d’Israele. I profeti profetizzarono ciò che serbavano nei propri cuori e adattarono il messaggio a piacimento dei loro ascoltatori (vedi Geremia 14: 14).

Penso che si tratti di una menzogna molto gradita che ci piace credere. Siamo convinti di sapere cosa è necessario per la nostra felicità servendoci di Dio per i nostri fini e riducendolo così al ruolo d’aiutante.

Anzi, è sorprendente ma vero che Dio desidera darti «i desideri del tuo cuore» (Salmo 37: 4). A condizione però che tu «prendi il tuo diletto nell’Eterno», che tu ci tieni a diventare sempre più simile a Gesù. Se ciò si verifica con l’andare del tempo nella tua vita, allora i tuoi desideri personali si conformeranno sempre di più alla volontà di Dio.

Penso che esiste una terza menzogna:

* Non ho bisogno della Bibbia, Dio mi parla direttamente!

Geremia descrive al versetto 25 come i profeti erano occupatissimi a celebrare i loro sogni più recenti esultando: «Ho sognato, ho sognato!»

I profeti falsi non si erano curati di condurre una vita integra nel cospetto di Dio e di cercare diligentemente la Sua volontà. Giacché Dio si rifiutò di rivelarsi a loro, interpretarono ogni sogno ed ogni desiderio del loro cuore come volontà di Dio.

Credo che anche noi siamo tentati a comportarci nello stesso modo.

Non fraintendetemi: Dio, se vuole, parla ancora nei nostri tempi direttamente alle persone, per mezzo di un sogno, di una voce, di una catastrofe, di un consiglio amichevole o altro. Dio si rivela ancor’oggi in «modo straordinario» perché ne ha tutta la libertà.

Ma questa voce sottile di Dio, o come la vogliamo chiamare, non ci risparmierà mai lo studio intenso della Parola, vale dire la Bibbia.

Naturalmente fa comodo se Dio ci parlasse in modo inequivocabile indicandoci cosa desidera che facciamo in certe situazioni.

Tuttavia, Dio ha rivelato così tanto a riguardo della Sua persona, del Suo carattere e della Sua volontà che non ci mancano le conoscenze necessarie. Per questa ragione dovremmo dedicare tutta la nostra vita alla lettura per diventare «investigatori della Bibbia». Ciò significa, leggere con attenzione cosa dice la Parola di Dio e chiedersi cosa significa. Se c’impegniamo con sincerità e devozione, Dio non mancherà di rivelarsi a noi, di plasmare il nostro carattere e di trasformarci!

In quel momento comincerà l’avventura, la sfida di mettere in pratica la nostra conoscenza di Dio. È il suo desiderio che maturiamo e che ci sviluppiamo come persone responsabili che fanno le loro scelte in modo naturale e le mettono in atto perché sanno cosa Dio dice nella Sua Parola.

Per questa ragione non ci fermiamo all’ammonimento «Non ascoltare le menzogne gradevoli», ma prendiamo sul serio l’incarico espresso nella seguente esortazione chiara:

Ascolta la Parola potente di Dio!

Invece di ascoltare menzogne, dovremmo concentrarci sulla Parola di Dio! Non sono i propri desideri e concetti su Dio che contano, ma ciò che Egli stesso dice di Sé!

I versetti 28 a 29 in Geremia 23 c’insegnano che niente può concorrere alla Parola di Dio. Ogni altra cosa sbiadisce ed è senza forza nei confronti della Sua potenza. La descrizione della Parola di Dio in verso 29 è impressionante.

La Parola di Dio non è sempre dolce e gentile, ma può essere dura come un martello. Geremia ne ha sentito le ripercussioni sul proprio corpo. La Parola di Dio ha messo sottosopra la sua vita intera così che ne sono scaturite diverse difficoltà.

Viveva, però nella presenza di Dio, teneva l’orecchio vicino alla bocca del Signore ed era poi anche disposto di compiere la volontà divina – malgrado avrebbe desiderato una via più facile.

Sono certo che Geremia alla fine della sua vita gioiva nella certezza di aver svolto quello per cui Dio lo aveva chiamato. In fin dei conti, importa solo quello.

Lo auguro a ciascuno di noi che impariamo ad essere attenti a chi diamo ascolto, affinché non ci lasciamo ingannare da menzogne gradevoli, ma ascoltiamo la Parola potente di Dio.

Ciò trasformerà la nostra vita perché Dio farà di noi persone che vivono secondo la Sua volontà.

N. Fastenrath

Comments are closed.