LA FEDE DEL SOLDATO ROMANO
LUCA 7 Questo capitolo inizia con un altro accurato racconto di una guarigione. In questo caso si tratta del servo di un centurione romano. Anche se Gesù non ebbe contatti personali con il servo lo guarì ugualmente. Luca racconta poi la risurrezione dalla morte del figlio della vedova di Nain. E’ l’unico scrittore dei Vangeli che mette in evidenza il fatto che Gesù abbia risuscitato due persone dalla morte (l’altra era la figlia di Iairo, cap. 8:54-55). In questo capitolo troviamo anche la prima delle 18 parabole che solo Luca riporta. Scaturisce dalla visita di Gesù alla casa di un Fariseo dove una donna Gli unge i piedi. La semplice parabola finale dei due debitori rivela che questa donna di strada era meglio di Simone, il Fariseo. Iniziamo ora l’analisi del capitolo leggendo i primi dieci versetti: “Dopo che egli ebbe terminato tutti questi discorsi davanti al popolo che l’ascoltava, entrò in Capernaum. Un centurione aveva un servo, molto stimato, che era infermo e stava per morire; avendo udito parlare di Gesù, gli mandò degli anziani dei Giudei per pregarlo che venisse a guarire il suo servo. Essi, presentatisi a Gesù, lo pregavano con insistenza, dicendo: “Egli merita che tu gli conceda questo; perché ama la nostra nazione ed è lui che ci ha costruito la sinagoga”. Gesù s’incamminò con loro; ormai non si trovava più molto lontano dalla casa, quando il centurione mandò degli amici a dirgli: “Signore, non darti quest’incomodo, perché io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; perciò non mi sono neppure ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io sono uomo sottoposto all’autorità altrui, e ho sotto di me dei soldati; e dico a uno: “Vai”, ed egli va; a un altro: “Vieni”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo”, ed egli lo fa”. Udito questo, Gesù restò meravigliato di lui; e, rivolgendosi alla folla che lo seguiva, disse: “Io vi dico che neppure in Israele ho trovato una così gran fede!” E quando gli inviati furono tornati a casa, trovarono il servo guarito. Luca 7:1-10 C’erano molti soldati romani in città. Un centurione era un ufficiale Romano che aveva sotto di sé cento uomini. Apparentemente questo era un uomo di fede. Il suo amore per la nazione giudea è evidenziato dal fatto che aveva fatto costruire una sinagoga per loro a Capernaum. Era un ufficiale con autorità, poteva dire a un soldato: “Fai questo o vai li” e il soldato avrebbe ubbidito. Egli riconobbe che Gesù aveva quel tipo d autorità e di potenza, e che doveva soltanto dire una parola perché il suo servo fosse guarito. Gesù si meraviglia della fede di quest’uomo ed è interessante notare che solo in due occasioni Gesù si meraviglia. Si meraviglia della fede del centurione e dell’incredulità di Israele.
A chi diamo ascolto?
«Cosí dice l’Eterno degli eserciti: Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano. Essi vi fanno diventare spregevoli; vi espongono le visioni del loro cuore e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno. Dicono del continuo a quelli che mi disprezzano: ,L’Eterno ha detto: Avrete pace’ e a tutti quelli che camminano nella caparbietà del proprio cuore: ,Nessun male verrà su di voi’. Ma chi ha assistito al consiglio dell’Eterno? Chi ha visto, chi ha udito la sua parola? Chi ha prestato attenzione alla sua parola e l’ha udita? Ecco, la tempesta dell’Eterno si scatena furiosamente, una tempesta spaventevole si abbatterà sul capo degli empi. L’ira dell’Eterno non si acqueterà finché non abbia eseguito e compiuto i disegni del suo cuore; negli ultimi giorni lo capirete perfettamente.
Io non ho mandato quei profeti; ma essi sono corsi; non ho parlato loro ma essi hanno profetizzato. Ma se avessero assistito al mio consiglio, allora avrebbero fatto udire le mie parole al mio popolo, e cosí li avrebbero fatti allontanare dalla loro cattiva via e dalla malvagità delle loro azioni. Son io soltanto un DIO da vicino, dice l’Eterno, e non anche un DIO da lontano? Potrebbe uno nascondersi nei nascondigli senza che io lo veda?, dice l’Eterno. Non riempio io il cielo e la terra?, dice l’Eterno.
Ho udito ciò che dicono i profeti che profetizzano menzogne nel mio nome, dicendo: ,Ho avuto un sogno, ho avuto un sogno!’. Fino a quando durerà questo nel cuore di questi profeti che profetizzano menzogne e profetizzano l’inganno del loro cuore? Essi pensano di far dimenticare il mio nome al mio popolo con i loro sogni che si raccontano l’un l’altro, come i loro padri dimenticarono il mio nome per Baal. Il profeta che ha avuto un sogno racconti il sogno, ma chi ha la mia parola riferisca la mia parola fedelmente. Che ha da fare la paglia col frumento?, dice l’Eterno. La mia parola non è come il fuoco?, dice l’Eterno, e come un martello che spezza il sasso?» (Geremia 23: 16 a 29)
L’uomo che doveva trasmettere un messaggio del genere certamente non avrebbe avuto la vita facile. In più si trattava di un giovane sensibile al quale era stato affidato un compito difficilissimo. All’inizio era restio nell’accettare questo compito pesante ed è vero che diverse volte nel compierlo quasi gli si spezzò il cuore. Nel corso del suo ministero attirò l’odio e il rifiuto di molti mettendo addirittura in pericolo la propria vita. La sua professione gli portò la solitudine e la sofferenza. Credo che nessuno risponderebbe ad un’offerta di lavoro con una tale descrizione!
La persona di cui abbiamo parlato si chiamava Geremia ed il suo datore di lavoro era Dio. La sua professione era quella del profeta in Giudea alla fine del settimo secolo avanti Cristo.
I profeti dell’antico Israele avevano il compito di proclamare la Parola di Dio al popolo e così pure Geremia. Quando Dio lo chiamò, gli toccò la bocca e disse: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca…»
Quest’autorizzazione è importantissima per Geremia perché il contenuto dei suoi messaggi era tutt’altro che piacevole per gli ascoltatori.
Gli abitanti della Giudea avevano abbandonato il loro Dio e si erano rivolti agli idoli. Per questa ragione Dio avrebbe mandato forze nemiche anche contro Gerusalemme affinché l’assediassero, come l’aveva già compiuto nei confronti del regno israelita del Nord che ormai da cent’anni era territorio conquistato e soggiogato.
Era dunque il compito di Geremia annunciare il giudizio divino imminente, è ciò esigeva tutte le sue forze. Visto che non tentava in alcun modo di mitigare la Parola di Dio, subì il disprezzo dei rei, ministri, sacerdoti e dei suoi colleghi profeti. Con gran sacrificio e fedeltà adempì la sua missione nonostante gli costasse molto accettare la volontà di Dio per la sua vita.
Il popolo tuttavia non lo ascoltò e si rifiutò di accettare Geremia quale portavoce di Dio. Il suo messaggio sembrava troppo duro ed era quindi inaccettabile per loro. La questione però è: a chi dava ascolto il popolo di Dio?
Gli israeliti avevano in fondo soltanto due possibilità: o ascoltavano i veri profeti o quelli falsi, vale a dire coloro che si erano autodichiarati tali.
Purtroppo Geremia dovette affrontare la delusione che la sua “chiesa” continuasse a svuotarsi. Non c’era più nessuno che si voleva ascoltare le prediche sul giudizio perché si preferiva prestare orecchio ai predicatori che portavano messaggi gradevoli.
Dio a Sua volta non si rassegnò, ma incaricò Geremia di mettere in guardia il popolo nei riguardi ai profeti falsi. Ricordiamo i primi due versi (16 a 17) del passo biblico che stiamo considerando: «Cosí dice l’Eterno degli eserciti: “Non ascoltate le parole dei profeti che vi profetizzano. Essi vi fanno diventare spregevoli; vi espongono le visioni del loro cuore e non ciò che procede dalla bocca dell’Eterno. Dicono del continuo a quelli che mi disprezzano: ,L’Eterno ha detto: Avrete pace’ e a tutti quelli che camminano nella caparbietà del proprio cuore: ,Nessun male verrà su di voi’.»
Qual è la radice del problema riguardo ai falsi profeti?
Cos’è «falso» nei profeti falsi? Forse assomigliavano ai veri profeti perché certamente utilizzavano lo stesso linguaggio religioso, per esempio, «così dice il Signore» o «Shalom» (vedi Geremia 23: 17).
Parlavano un linguaggio religioso, ma non la Parola di Dio.
Erano spigliati nell’affermare che avevano ricevuto «una Parola di Dio», come abbiamo già constatato, utilizzando l’espressione «così dice il Signore» con sfacciata disinvoltura.
In più, si vantavano dei propri sogni che secondo loro erano colmi di significati importanti raccontandoli a tutti e pretendendo che Dio avesse parlato per mezzo loro.
Dio nondimeno li vide in tutt’altra luce e dichiarò che essi ingannavano il popolo con i loro discorsi vani. Seppure il messaggio sembrasse spirituale, non proveniva da Dio, ma nasceva dal cuore del falso profeta.
Predicavano ciò che corrispondeva ai loro desideri.
Peggio ancora: proclamavano ciò che il popolo voleva sentire (vedi Michea 2: 11 e 3: 9 a 11).
Assicuravano agli israeliti che avevano girato le spalle a Dio che il «Shalom», in altre parole la pace universale di Dio, fosse con loro (vedi Geremia 6: 14 e 23: 17 e 27: 9) e che dunque nessuna disgrazia avrebbe colpito chi aveva ormai un cuore insensibile per la voce divina.
Predicavano quindi il contrario di ciò che Geremia aveva annunciato. Parlavano della pace, quando non c’era pace. Cullavano il popolo nella falsa speranza che nulla di grave sarebbe capitato.
Palesemente il loro messaggio era privo dell’autorità divina perché questi «profeti» non intrattenevano alcun rapporto con Dio.
Non c’era alcun rapporto con Dio.
Dio stesso dichiarò che i falsi profeti non facevano parte «del consiglio del Signore», che non avevano affatto ubbidito alla Sua parola, che non avevano ricevuto la Sua chiamata e dunque non conoscevano la Sua voce. Del resto gli israeliti potevano giudicare loro stessi se il messaggio profetico era vero o falso. La prova del vero profeta consisteva nel fatto che i suoi messaggi combaciavano con quelli degli altri veri profeti ed in particolare con la legge di Mosé (vedi Deuteronomio 18:22: «Quando il profeta parla in nome dell’Eterno e la cosa non succede… » Quest’ultima espressione può essere tradotta anche «la cosa non è» rispettivamente «non esiste». Ciò significa che non è valida in confronto ai messaggi dei veri profeti!) I falsi profeti ovviamente non si attenevano a questi criteri, altrimenti avrebbero predicato al popolo affinché si rendesse conto del suo stato immorale per pentirsi e convertirsi.
Come se non bastasse che propagavano dottrine false, vivevano nel peccato e lo approvavano nella vita degli altri.
Vivevano nel peccato e lo approvavano.
Il verso 11, nonché i versi 13 a 14, ne sono la conferma. I falsi profeti erano adulteri ed impostori, e ciò senza sentirsi colpevoli, anzi incoraggiavano altri nella loro iniquità (vedi Isaia 28: 7 e segg.; Michea 3: 5; Geremia 29: 21 a 23).
Tutto ciò, insieme ai messaggi falsi ed il loro brutto esempio, doveva per forza contribuire alla decadenza del popolo che fece cadere nell’oblio «il nome del Signore» (verso 27 e vedi Deuteronomio 13: 1 a 4).
Fecero dimenticare Dio.
Non si riconosceva più la necessità di pentirsi e di ritornare a Dio (verso 14). Non c’è da meravigliarsi, dopotutto non sentivano altro che: «Il tuo modo di vivere va benissimo!»
Il punto di vista divino invece è molto diverso, come possiamo dedurre dal nostro passo. Non più per molto osserverà il comportamento dei falsi profeti che seducono il popolo e lo mandano in rovina. Li giudicherà (versi 19 e 20). È da notare che non c’erano falsi profeti soltanto nell’Antico Testamento. Anche nel Nuovo Testamento scopriamo molti passi nelle epistole dove gli autori mettono in guardia contro i «falsi dottori». Il soggetto lo trattano in termini simili a quelli utilizzati nell’Antico Testamento. In Colossesi 2: 23 c’è scritto che i falsi dottori hanno la «sembianza di sapienza» perché danno l’impressione di essere religiosi e umili. Anche loro pretendono di essere spirituali, ma sono lupi travestiti da pecore che propagano concetti falsi e disprezzano Dio vivendo nel peccato e trascinando altri con loro.
Non ascoltare menzogne gradevoli!
Così come il popolo d’Israele si fece ingannare dalle menzogne dei falsi profeti, anche noi cristiani del 21° secolo dobbiamo affrontare menzogne gradevoli che possono ingannarci.
Forse una delle bugie alle quali gli abitanti della Giudea avevano dato ascolto era:
* Non è poi così grave, se pecco!
Sono quasi certo che nessuno tra noi desideroso di seguire Gesù con tutto il cuore direbbe una cosa del genere. Ma in realtà come ci comportiamo? Non pensiamo ogni tanto:
«Visto che Gesù si è addossato il giudizio di Dio per la nostra colpa, non è poi così grave se pecchiamo!» Questa menzogna è particolarmente pericolosa perché contiene un granello di verità. È vero che noi, quali figli di Dio, non saremo più condannati eternamente a causa dei nostri peccati. Il castigo che ci eravamo meritato è ricaduto su Gesù. Per questa ragione si potrebbe in un certo senso veramente dire: «Non è poi così grave…!»
In questo modo tuttavia la grazia di Dio è disprezzata e considerata di poco valore. È vero che senz’altro possiamo accettare il dono del perdono e che dobbiamo accettarlo sempre di nuovo. Ciò però dovrebbe spingerci a vivere una vita coerente da seguaci di Gesù per gratitudine ed evitando il peccato. Simile alla nazione d’Israele d’allora dovremmo rappresentare quale popolo di Dio la Sua santità in terra. Certo che è in gioco qualcosa di molto importante, perché non possiamo aspettarci che Dio compia cose grandiose per mezzo nostro, se ci lasciamo ingannare da questa menzogna – ammettendo che si tratti di una falsità seducente.
Un’altro inganno piacevole è:
* Dio esaudisce tutti i miei desideri.
Un predicatore disse una volta: «Spesso ci serviamo di Gesù come se fosse un farmacista che adempie tutte le nostre esigenze sia quelle pie sia quelle meno pie. Se ho un dolorino vado da Gesù che mi guarisce».
Questa citazione descrive precisamente l’atteggiamento dei profeti falsi e del popolo d’Israele. I profeti profetizzarono ciò che serbavano nei propri cuori e adattarono il messaggio a piacimento dei loro ascoltatori (vedi Geremia 14: 14).
Penso che si tratti di una menzogna molto gradita che ci piace credere. Siamo convinti di sapere cosa è necessario per la nostra felicità servendoci di Dio per i nostri fini e riducendolo così al ruolo d’aiutante.
Anzi, è sorprendente ma vero che Dio desidera darti «i desideri del tuo cuore» (Salmo 37: 4). A condizione però che tu «prendi il tuo diletto nell’Eterno», che tu ci tieni a diventare sempre più simile a Gesù. Se ciò si verifica con l’andare del tempo nella tua vita, allora i tuoi desideri personali si conformeranno sempre di più alla volontà di Dio.
Penso che esiste una terza menzogna:
* Non ho bisogno della Bibbia, Dio mi parla direttamente!
Geremia descrive al versetto 25 come i profeti erano occupatissimi a celebrare i loro sogni più recenti esultando: «Ho sognato, ho sognato!»
I profeti falsi non si erano curati di condurre una vita integra nel cospetto di Dio e di cercare diligentemente la Sua volontà. Giacché Dio si rifiutò di rivelarsi a loro, interpretarono ogni sogno ed ogni desiderio del loro cuore come volontà di Dio.
Credo che anche noi siamo tentati a comportarci nello stesso modo.
Non fraintendetemi: Dio, se vuole, parla ancora nei nostri tempi direttamente alle persone, per mezzo di un sogno, di una voce, di una catastrofe, di un consiglio amichevole o altro. Dio si rivela ancor’oggi in «modo straordinario» perché ne ha tutta la libertà.
Ma questa voce sottile di Dio, o come la vogliamo chiamare, non ci risparmierà mai lo studio intenso della Parola, vale dire la Bibbia.
Naturalmente fa comodo se Dio ci parlasse in modo inequivocabile indicandoci cosa desidera che facciamo in certe situazioni.
Tuttavia, Dio ha rivelato così tanto a riguardo della Sua persona, del Suo carattere e della Sua volontà che non ci mancano le conoscenze necessarie. Per questa ragione dovremmo dedicare tutta la nostra vita alla lettura per diventare «investigatori della Bibbia». Ciò significa, leggere con attenzione cosa dice la Parola di Dio e chiedersi cosa significa. Se c’impegniamo con sincerità e devozione, Dio non mancherà di rivelarsi a noi, di plasmare il nostro carattere e di trasformarci!
In quel momento comincerà l’avventura, la sfida di mettere in pratica la nostra conoscenza di Dio. È il suo desiderio che maturiamo e che ci sviluppiamo come persone responsabili che fanno le loro scelte in modo naturale e le mettono in atto perché sanno cosa Dio dice nella Sua Parola.
Per questa ragione non ci fermiamo all’ammonimento «Non ascoltare le menzogne gradevoli», ma prendiamo sul serio l’incarico espresso nella seguente esortazione chiara:
Ascolta la Parola potente di Dio!
Invece di ascoltare menzogne, dovremmo concentrarci sulla Parola di Dio! Non sono i propri desideri e concetti su Dio che contano, ma ciò che Egli stesso dice di Sé!
I versetti 28 a 29 in Geremia 23 c’insegnano che niente può concorrere alla Parola di Dio. Ogni altra cosa sbiadisce ed è senza forza nei confronti della Sua potenza. La descrizione della Parola di Dio in verso 29 è impressionante.
La Parola di Dio non è sempre dolce e gentile, ma può essere dura come un martello. Geremia ne ha sentito le ripercussioni sul proprio corpo. La Parola di Dio ha messo sottosopra la sua vita intera così che ne sono scaturite diverse difficoltà.
Viveva, però nella presenza di Dio, teneva l’orecchio vicino alla bocca del Signore ed era poi anche disposto di compiere la volontà divina – malgrado avrebbe desiderato una via più facile.
Sono certo che Geremia alla fine della sua vita gioiva nella certezza di aver svolto quello per cui Dio lo aveva chiamato. In fin dei conti, importa solo quello.
Lo auguro a ciascuno di noi che impariamo ad essere attenti a chi diamo ascolto, affinché non ci lasciamo ingannare da menzogne gradevoli, ma ascoltiamo la Parola potente di Dio.
Ciò trasformerà la nostra vita perché Dio farà di noi persone che vivono secondo la Sua volontà.
N. Fastenrath
GIOVANNI 3
Ora leggiamo il primo passo del terzo capitolo del Vangelo di Giovanni dal versetto1 al versetto 21
C’era tra i farisei un uomo chiamato Nicodemo, uno dei capi dei Giudei. Egli venne di notte da
Gesù, e gli disse: “Rabbì, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può
fare questi miracoli che tu fai, se Dio non è con lui”. Gesù gli rispose: “In verità, in verità ti dico
che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio”. Nicodemo gli disse: “Come può un
uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e
nascere?” Gesù rispose: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non
può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne, è carne; e quello che è nato dallo
Spirito, è spirito. Non ti meravigliare se ti ho detto: “Bisogna che nasciate di nuovo”. Il vento soffia
dove vuole, e tu ne odi il rumore, ma non sai né da dove viene né dove va; così è di chiunque è nato
dallo Spirito”. Nicodemo replicò e gli disse: “Come possono avvenire queste cose?”. Gesù gli
rispose: “Tu sei maestro d’Israele e non sai queste cose? In verità, in verità ti dico che noi parliamo
di ciò che sappiamo e testimoniamo di ciò che abbiamo visto; ma voi non ricevete la nostra
testimonianza. Se vi ho parlato delle cose terrene e non credete, come crederete se vi parlerò delle
cose celesti? Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell’uomo che è
nel cielo. “E, come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell’uomo sia
innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna. Perché Dio ha tanto amato il mondo, che
ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.
Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia
salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non
ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e
gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Perché
chiunque fa cose malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano
scoperte; ma chi mette in pratica la verità viene alla luce, affinché le sue opere siano manifestate,
perché sono fatte in Dio”.
Giovnni.3:1-21
Esaminiamo il capitolo 3 del Vangelo di Giovanni che possiamo dividere in due parti.
Nella prima viene riportato l’incontro di Gesù con Nicodemo, che abbiamo già letto ieri, e nella
seconda troveremo un’altra testimonianza di Giovanni Battista nei confronti di Gesù.
Nicodemo era un fariseo membro del Sinedrio, facente parte quindi del gruppo di persone che
avevano la guida spirituale del popolo; ma era un uomo sincero e voleva incontrare Gesù per motivi
seri, per questo Giovanni non ne parla in modo ostile come generalmente fa’ nel suo vangelo. Se
analizziamo quanto ci viene detto di lui troviamo che era appunto un Fariseo, cioè apparteneva al
gruppo più importante in Israele. I Farisei credevano nell’ispirazione del Vecchio Testamento, nella
venuta del Messia, nei miracoli e nella resurrezione.
Quindi era un Fariseo, poi ci viene precisato il nome Nicodemo, e da ultimo viene definito un capo
dei giudei, e tutto questo ci parla delle tre maschere che quest’uomo soleva indossare.
Questa è un’immagine dell’uomo moderno. Nicodemo era uno dei Farisei quando era insieme a loro,
e si comportava come uno di loro. Quando non era con i Farisei e camminava per la strada, le
persone si facevano da parte; egli indossava il mantello, le filatterie ( particolari decorazioni del
vestito che lo rendevano riconoscibile), e lo scialle di preghiera e la gente pensava che egli fosse un
capo, una persona importante, e lui avrà di conseguenza assunto un diverso atteggiamento con loro.
Ma il suo nome era Nicodemo e sotto queste due maschere che di solito indossava egli era
semplicemente una persona normale.
Molte persone oggi vivono nello stesso modo di Nicodemo allora. Prendiamo ad esempio un uomo
d’affari, presidente di una società. Quando al mattino va in ufficio, i suoi impiegati lo salutano
cerimoniosamente, ma in realtà non lo conoscono.
A mezzogiorno egli si reca al club per pranzare e giocare a tennis con gli amici, non è più il Dottor
Rossi, ma semplicemente Giovanni Rossi, il rapporto è
più confidenziale e a chi gli chiede come vanno gli affari egli risponde che vanno bene.
Poi alla sera, finito il lavoro, ritorna a casa, si toglie il soprabito, si sdraia in poltrona e si toglie
entrambe le maschere, ora è semplicemente Giovanni e a sua moglie che gli chiede come vanno le
cose egli risponde che gli affari fanno schifo. Questo è egli in realtà.
Nicodemo va dal Signore Gesù indossando una maschera; lui dice “noi sappiamo”.
Chi sono questi noi? I Farisei, quindi lui in quel momento è un fariseo.
Nicodemo fa un apprezzamento sincero, non è un ipocrita e riconosce che Gesù è un maestro venuto
da Dio. Penso che Nicodemo volesse parlare con Gesù del Regno di Dio auspicato dai farisei per
liberarsi dal giogo dei Romani, anche se non sapevano come tutto ciò sarebbe potuto avvenire. Ora
era venuta una persona con il favore del popolo e moltitudini di folla al seguito e quindi i Farisei
volevano attaccare il loro piccolo carro a questa stella.
Dal momento che Gesù proveniva dalla Galilea e loro ritenevano che non sapesse come trattare con i
politici come potevano fare loro, volevano unire le forze.
La prova alla quale Nicodemo si riferisce sono i miracoli compiuti da Gesù. Notiamo che nessuno in
quei tempi metteva in dubbio i miracoli del Signore, mentre oggi a distanza di duemila anni e di
migliaia di chilometri dal paese in cui avvennero, tanti professori dubitano dei miracoli.
Eppure allora nè gli amici e nemmeno gli avversari li avevano messi in dubbio.
Il Signore lo interrompe improvvisamente per cui ritengo che Nicodemo fosse venuto a parlare del
regno di Dio. Gesù gli dice che lui non avrebbe visto il regno di Dio se non fosse nato di nuovo. Ora
abbiamo un fariseo, religioso dalla testa ai piedi, e il Signore gli dice che non vedrà il regno di Dio
se non nasce di nuovo. Questa affermazione deve averlo quanto meno sconcertato, e quindi si toglie
la maschera da Fariseo, ma tiene ancora quella di capo dei Giudei.
La parola greca usata per “di nuovo” significa “dall’alto”.
Quest’uomo non riusciva a pensare a niente altro che a una nascita fisica e, togliendosi la maschera
sussiegosa del fariseo, chiede come questo potesse avvenire.
Il Signore non stava parlando di una nascita fisica, ma di una nascita spirituale, che Nicodemo non
era in grado di capire, perché non aveva nessuna capacità spirituale per farlo.
Che cosa significa nascere d’acqua e di Spirito? Alcuni pensano che nascere d’acqua si riferisca al
battesimo, ma se fosse vero si tratterebbe di una frase strana.
Altri pensano alla nascita fisica, in quanto il bambino nel grembo materno è immerso nel liquido, ma
anche questo non è vero. Gesù sta parlando di come un uomo può nascere dall’alto o di nuovo.
Come abbiamo visto nel capitolo 2, l’acqua è un simbolo della Parola di Dio, e alla fine di questo
libro Gesù dice Giovanni 17:17: “Santificali nella verità; la tua parola è verità” .
Nella Parola di Dio esiste una potenza purificatrice. Anche al cap.15:3 Gesù dice: “Voi siete già puri
a causa della parola che vi ho annunziata”. La Parola di Dio è associata a più riprese con l’acqua e
noi crediamo che nascere d’acqua e di Spirito significhi che una persona deve nascere di nuovo per
mezzo dello Spirito Santo con l’aiuto delle Scritture.
Infine crediamo che nessuno può nascere di nuovo senza la Parola di Dio applicata dallo Spirito
Santo; si nasce di nuovo usando la Parola di Dio e lo Spirito Santo la rende reale nel cuore.
Nel libro degli Atti ci sono tre conversioni importanti e ci sono state raccontate principalmente come
illustrazioni: la conversione dell’eunuco Etiope, la conversione di Cornelio e la conversione di Paolo.
Questi tre uomini rappresentano le tre discendenze di Noè: il figlio di Sem, di Cam e di Iafet. In
ciascuno di questi tre casi la Parola di Dio è stata usata dallo Spirito per la conversione.
Il metodo di Dio sembra essere la Parola usata dallo Spirito trasmesso da un uomo di Dio.
Io sono convinto che il Signore Gesù parlando della nascita d’acqua e di Spirito si riferiva allo
Spirito Santo che usa la Parola di Dio.Dio non ha intenzione di cambiare la carne, la vecchia natura
che noi abbiamo, perché non può essere cambiata.
3
La vecchia natura è in guerra contro Dio, come leggiamo in Romani 8:7-8:
“Infatti ciò che brama la carne è inimicizia contro Dio; perché non è sottomesso alla legge di Dio e
neppure può esserlo, e quelli che sono nella carne non possono piacere a Dio”.
Dio non ha un progetto per la nostra vecchia natura, cioè non intende recuperarla, migliorarla,
svilupparla o salvarla. La vecchia natura scenderà nella tomba con noi, e se il Signore ritorna prima
della nostra morte, noi saremo trasformati in un batter di ciglia e ci libereremo della nostra vecchia
natura. Questa natura non riesce ad ubbidire a Dio e ciò che è nato dalla carne è carne.
Dio non ha intenzione di salvare la vecchia natura, ma la vuole sostituire con una nuova; la nascita
spirituale è necessaria dunque per ottenere una nuova natura. Notiamo che Nicodemo perde anche la
maschera di “capo dei Giudei” dietro la quale si era finora nascosto.
Il Signore sta dicendo che le correnti d’aria e i venti sono cose che l’uomo non può controllare; il
vento soffia dove vuole e noi non possiamo deviarlo o domarlo.
Anche se non possiamo controllare il vento, possiamo però sentirlo soffiare, perché vediamo agitarsi
le foglie degli alberi e i rami piegarsi.
Io non so come spiegare razionalmente la nascita spirituale, ma anche se non capiamo
completamente e non sappiamo dire come agisce esattamente lo Spirito di Dio, possiamo dire
sicuramente che lo Spirito agisce nella vita e nel cuore delle persone. Ecco che cosa voleva dire il
Signore quando diceva che il vento soffia dove vuole. Il miracolo della nuova nascita non può in
alcun caso essere frutto dell’ingegno e dello sforzo umano.
L’attività dello Spirito sfugge al controllo umano.
Il Signore ha tolto le due maschere a Nicodemo e l’uomo che gli sta davanti non è più l’uomo dei
Farisei e il capo dei Giudei. Chi è ora?
Nicodemo ritrova se stesso e con semplicità chiede a Gesù come possono accadere queste cose, e il
Signore gli risponderà altrettanto semplicemente.
A proposito, anche noi possiamo indossare delle maschere a seconda del posto in cui ci troviamo.
La maschera nasconde la nostra vera identità; ma quando siamo di fronte a Gesù dobbiamo togliere
tutte le maschere, dobbiamo presentare il nostro vero “io”, e anche il Signore tratterà con noi in
modo diretto. Gesù usa un tono gentilmente ironico con Nicodemo, dicendogli che lui come capo dei
Giudei agiva come se Gesù stesse dicendo qualcosa che non poteva essere vera, perché se lo fosse
stata, lui come dottore avrebbe dovuto conoscerla.
Gesù fa notare a Nicodemo che egli non ha ricevuto la sua testimonianza, anche se era rivolta a lui.
Poi gli mostra un grande movimento che viene riportato nel vangelo. Nell’introduzione avevamo già
parlato del fatto che Gesù era venuto dal Padre in questo mondo e che poi avrebbe lasciato il mondo
per ritornare al Padre. Ora egli dice: “Nessuno è salito in cielo”.
Questa è la risposta per coloro che oggi pensano che Elia ed Enoc siano andati in cielo al momento
del loro rapimento. Non credo che sia così perché fino a questo momento il Signore Gesù dice che
nessuno è mai salito in cielo se non colui che è disceso dal cielo, cioè il Figlio dell’Uomo che è in
cielo. In altre parole, egli dice che Gesù è l’unico che può parlare del cielo perché è l’unico che è
salito in cielo. Ora è vero che una folla di persone è andata in cielo dopo Cristo, ma nel Vecchio
Testamento quando un credente moriva, egli andava in un luogo chiamato Paradiso o seno
d’Abramo, come viene precisato in Luca 16:22.
Soltanto dopo che Cristo morì e ascese in cielo ed ebbe liberato i prigionieri dalla cattività, Gesù
prese coloro che si trovavano in Paradiso e li portò alla presenza di Dio. Da allora in poi il credente
che muore è sempre stato 2°Corinzi 5:8″… assente dal corpo… presente con il Signore”.
Ma quando Gesù era sulla terra nessun uomo era mai salito in cielo.
Quando Mosè mise il serpente di rame su un’asta dopo il giudizio di Dio per il peccato del popolo,
tutto quello che essi dovevano fare era di guardarlo e sarebbero stati guariti.
Così come Mosè alzò il serpente, anche Cristo doveva essere innalzato; il serpente rappresentava il
peccato del popolo e Cristo è stato fatto peccato per noi sulla croce perché ha portato su di sé i nostri
peccati.
Più avanti, nel vs.16 di Giovanni 3, Gesù ripete a Nicodemo le parole più note di tutta la Bibbia:
Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in
lui non perisca, ma abbia vita eterna.
Due cose sono fondamentali: la prima è che noi dobbiamo nascere di nuovo e la seconda che il
Figlio dell’Uomo deve essere innalzato; le due cose sono collegate.
Occorrono sia la morte che la resurrezione di Cristo; dal momento che egli è stato innalzato, ha
portato la nostra condanna, lo Spirito di Dio può rigenerarci, e noi dobbiamo nascere di nuovo e
questo è l’unico modo in cui Dio può riceverci.
La ragione di tutto questo è che Dio ha tanto amato il mondo. Oggi si pensa erroneamente che Dio ha
salvato il mondo per amore. Non ci viene detto che l’amore di Dio ha salvato il mondo, perché tale
amore non potrà mai salvare un peccatore. Dio non salva per amore, ma per grazia, come leggiamo
in Efesini 2:8-9: “Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi:
è il dono di Dio. Non è in virtù di opere affinché nessuno se ne vanti”.
Quindi Dio salva per grazia. Egli ha tanto amato il mondo, che ha dato il Suo unigenito Figlio perché
chiunque (e qui potete mettere il vostro nome) crede in lui, non perisca, ma abbia vita eterna.
Notiamo che accanto al verbo credere c’è una piccola preposizione “in”, che significa credere in
Cristo, cioè avere fede che lui è l’unico che ha portato la condanna per i nostri peccati. Questo è un
fatto personale; ognuno di noi deve credere che Gesù è morto al nostro posto.
Tu devi credere che Cristo è morto per te.
Giovanni prosegue dicendoci che, quando Gesù è venuto per la prima volta, non è venuto in veste di
giudice, ma come Salvatore. Sta dicendo che Dio non lo ha mandato sulla terra per condannare il
mondo, ma perché il mondo fosse salvato attraverso di lui, e chiunque non crede in lui è condannato.
Chi non crede è già condannato. Perché? Perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di
Dio, questo nome meraviglioso di Gesù, che significa Salvatore del mondo.
Chiunque crede in quel nome non è più sotto la giusta condanna divina, ma ha la vita eterna.
Ricordiamo che Gesù sta parlando a Nicodemo che è un Fariseo. I Farisei credevano che il Messia
sarebbe venuto come giudice. Il Vecchio Testamento presentava due aspetti del Messia, uno come
Salvatore che veniva per morire e pagare la condanna e l’altro che veniva come giudice. Così loro
pensavano che il Messia sarebbe venuto a giudicare.
Nel Salmo 2:9 leggiamo:”Tu le spezzerai con una verga di ferro…”
E Daniele 7:13-14 parla di lui come un giudice del mondo intero: “Io guardavo, nelle visioni
notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile ad un figlio d’uomo; egli giunse fino al
vegliardo e fu fatto avvicinare a Lui; gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni
popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo
regno è un regno che non sarà distrutto.”
Il Salmo 45 parla del suo regno del mondo con giustizia e Isaia 11 e 42 parla del suo giudizio con
giustizia. Il Signore Gesù chiarisce a Nicodemo che Dio non ha mandato suo Figlio in quel momento
per giudicare il mondo, ma per salvarlo. La parola “mondo” è la parola greca che vuol dire cosmo,
perché il progetto di redenzione divino abbraccia il mondo intero. In Cristo non c’è condanna, ma
quelli che non sono in Cristo sono già condannati. Ci sono molte persone che pensano che il mondo
oggi sia in prova. Questo non è vero perché il mondo è perduto, e non bisogna attendere il giudizio
finale per sapere che il mondo è perduto. La nostra posizione è simile a un uomo in prigione al quale
viene chiesto se vuole accettare il perdono. Questo è il vangelo. Non vuol dire che l’uomo è sotto
processo, è già condannato, è già in prigione in attesa dell’esecuzione. Ma il vangelo gli dice che gli
viene offerto il perdono e il problema è se lo vuole accettare.
Tutto questo è meravigliosamente chiaro. Il vangelo vuol salvare quelli che sono già perduti. Questo
è il giudizio del mondo. Il giorno che Cristo venne crocifisso, il mondo prese una decisione, ed ora
deve essere giudicato da Dio. La condanna o il giudizio è che la luce è venuta nel mondo, ma dal
momento che le azioni degli uomini erano malvagie, essi hanno amato le tenebre.
I ratti si precipitano negli angoli bui quando si accende la luce in una stanza.
In questo versetto il Signore tocca vari argomenti dal punto di vista negativo: chiunque fa cose
malvagie odia la luce e non viene alla luce, affinché le sue opere non siano scoperte.
Oggi si fa tanto parlare del pensiero positivo, ma credimi amico, c’è molta potenza nel pensiero e nel
parlare negativo. Ascoltiamo le altre cose che dice Gesù Marco 2:17: “…Io non sono venuto a
chiamare dei giusti, ma dei peccatori” e 10:45 “…Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere
servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti” .
“Luce” e “verità” vengono usate nello stesso modo, mentre l’errore e le tenebre sono sempre in
contrasto con la luce e la verità. Con questo si chiude l’incontro con Nicodemo.
Leggiamo ora la seconda parte del capitolo 3 del Vangelo di Giovanni:
Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nelle campagne della Giudea; là si trattenne con
loro e battezzava. Anche Giovanni stava battezzando a Enon, presso Salim, perché là c’era molta
acqua; e la gente veniva a farsi battezzare. Giovanni, infatti, non era ancora stato messo in
prigione. Nacque dunque una discussione sulla purificazione, tra i discepoli di Giovanni e un
Giudeo. E andarono da Giovanni e gli dissero: “Rabbì, colui che era con te di là dal Giordano, e al
quale rendesti testimonianza, eccolo che battezza, e tutti vanno da lui”. Giovanni rispose: “L’uomo
non può ricever nulla se non gli è dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: “Io non
sono il Cristo, ma sono mandato davanti a lui”. Colui che ha la sposa è lo sposo; ma l’amico dello
sposo, che è presente e l’ascolta, si rallegra vivamente alla voce dello sposo; questa gioia, che è la
mia, è ora completa. Bisogna che egli cresca, e che io diminuisca. Colui che viene dall’alto è sopra
tutti; colui che viene dalla terra è della terra e parla come uno che è della terra; colui che viene dal
cielo è sopra tutti. Egli rende testimonianza di quello che ha visto e udito, ma nessuno riceve la sua
testimonianza. Chi ha ricevuto la sua testimonianza ha confermato che Dio è veritiero. Perché colui
che Dio ha mandato dice le parole di Dio; Dio infatti non dà lo Spirito con misura. Il Padre ama il
Figlio, e gli ha dato ogni cosa in mano. Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di
credere al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui”.
Giovanni 3:22-36
Fino a questo momento Giovanni Battista poteva ancora predicare che il regno dei cieli era vicino
Matteo 3:2, dopo la tentazione di Gesù, come ci raccontano gli altri Vangeli, verrà gettato in
prigione. La testimonianza di Giovanni Battista intorno Gesù, scaturisce qui da una disputa, i
discepoli di Giovanni sembrano quasi gelosi e gli suggeriscono di non accennare al nome di Gesù, e
insinuano che non avrebbe dovuto rendergli testimonianza perché ora tutti vanno da Gesù, e temono
che Giovanni perda i suoi seguaci. Allora Giovanni fa una chiara affermazione, priva di qualsiasi
gelosia, leggiamo i versetti 27-28 del terzo capitolo di Giovanni: Giovanni rispose: “L’uomo non può
ricever nulla se non gli è dato dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: “Io non sono il
Cristo, ma sono mandato davanti a lui”. Non si può sfuggire alla tremenda forza di queste parole.
Giovanni Battista è l’ultimo profeta del Vecchio Testamento; in effetti egli non è nella chiesa perché
lo dice chiaramente quando parla della sposa che rappresenta la chiesa.
Egli è l’amico dello sposo, sarà presente al matrimonio dell’Agnello, ma non come parte della chiesa.
Egli è l’ultimo profeta del Vecchio Testamento che entra nelle prime pagine del Nuovo per
annunciare la venuta del Messia. Giovanni dice che l’uomo non può ricevere nulla se non gli è dato
dal cielo e Gesù al capitolo 6:65 dice: “Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non
gli è dato dal Padre”. Come sono straordinarie queste affermazioni!
E Giovanni dice che Cristo deve crescere e lui diminuire, e il suo ministero è giunto al termine.
Giovanni Battista dichiara anche che il Signore Gesù Cristo è superiore e rende una meravigliosa
testimonianza di lui: “Chi crede nel Figlio ha vita eterna, chi invece rifiuta di credere al Figlio non
vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui”.
Non esiste nessuna affermazione più chiara di questa; come vedete Giovanni Battista sta predicando
il vangelo, il messaggio che gli uomini sono perduti senza Cristo, ma hanno vita eterna con la fede in
lui. Questa è una straordinaria testimonianza per il Signore Gesù.
FUORI DALLA FOLLA ………
c’erano due persone disperate, come leggiamo nel brano che va dai versetti 41 a 48: “Ecco venire un uomo, di nome Iairo, che era capo della sinagoga; e, gettatosi ai piedi di Gesù, lo pregava di entrare in casa sua, perché aveva una figlia unica di circa dodici anni, che stava per morire. Or mentre Gesù vi andava, la folla faceva ressa intorno a lui. Una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva speso tutti i suoi beni con i medici senza poter essere guarita da nessuno, si avvicinò di dietro e gli toccò il lembo della veste; e in quell’istante il suo flusso ristagnò. E Gesù domandò: “Chi mi ha toccato?” E siccome tutti negavano, Pietro e quelli che erano con lui risposero: “Maestro, la folla ti stringe e ti preme”. Ma Gesù replicò: “Qualcuno mi ha toccato, perché ho sentito che una potenza è uscita da me”. La donna, vedendo che non era rimasta inosservata, venne tutta tremante e, gettatasi ai suoi piedi, dichiarò, in presenza di tutto il popolo, per quale motivo lo aveva toccato e come era stata guarita in un istante. Ma egli le disse: “Figliola, la tua fede ti ha salvata; va’ in pace”. Luca 8:41-48 Iairo venne a prendere Gesù per guarire sua figlia, la situazione era disperata, la ragazza stava per morire e questo padre si rivolge fiducioso a Gesù. Probabilmente non pensava ad una possibile resurrezione ma ad una semplice guarigione, credeva che Gesù l’avrebbe toccata e che lei sarebbe guarita. Quando Gesù si appresta ad accontentare Iairo, viene interrotto da una donna che aveva un flusso di sangue. La donna aveva sofferto di questa malattia per 12 anni. La figlia di Iairo aveva 12 anni. I 12 anni di oscurità stavano finendo. Gesù non toccò la donna; lei toccò Lui e fu guarita istantaneamente. Ricordati che la folla era tutt’intorno a Gesù. I discepoli, vedendo la folla che lo spingeva si stupirono del fatto che Egli fosse riuscito a percepire il tocco della donna che fu guarita. “Mentre egli parlava ancora, venne uno dalla casa del capo della sinagoga, a dirgli: “Tua figlia è morta; non disturbare più il Maestro”. Ma Gesù, udito ciò, rispose a Iairo: “Non temere; solo abbi fede, e sarà salva”. Arrivato alla casa, non permise a nessuno di entrare con lui all’infuori di Pietro, Giovanni, Giacomo, il padre e la madre della bambina. Or tutti piangevano e facevano cordoglio per lei. Ma egli disse: “Non piangete, perché non è morta, ma dorme”. E ridevano di lui, sapendo che era morta. Ma egli, prendendole la mano, disse ad alta voce: “Bambina, alzati”. Lo spirito di lei ritornò ed ella si alzò subito; Gesù comandò che le dessero da mangiare. E i genitori di lei rimasero sbalorditi; ma egli ordinò loro di non dire a nessuno quello che era avvenuto. Luca 8:49-56 Quando raggiunsero la casa di Iairo, i pagati per piangere avevano già iniziato il loro lavoro. Smisero di piangere solo per deridere Gesù, essendo increduli. Il Signore prese con sé Pietro, Giovanni, Giacomo, il padre e la madre della ragazza e andò dove stava la bambina. Luca ci riporta le bellissime parole di Gesù: “Bambina, alzati!” Si potrebbe tradurlo “Piccola pecorella, svegliati”. La bambina si svegliò. Egli la riporto in un mondo di sofferenza per il bene dei suoi genitori, non per se stessa. Amico mio, nota ancora che il metodo di Gesù nel risuscitare i morti è sempre lo stesso. Egli li chiama e loro sentono la Sua voce! Ancora una volta il nostro Signore ha dimostrato che Egli è Dio.